Cosa
fanno 4 europei catapultati per due settimane nel Paese di Mezzo?
Seguitemi e lo scoprirete...
In
maggio sono venuti a trovarmi i miei genitori, mio zio e la
mia madrina, Silvana. Silvana non è certo una neofita,
ha fatto almeno undici viaggi in Cina, senza contare quelli
in altre mete orientali. Mia mamma è stata in Cina
l'anno scorso, quindi anche lei sa più o meno cosa
aspettarsi. Mio padre e mio zio invece arrivano per la prima
volta in oriente, sono due uomini con due background culturali
diversi tra loro - uno svizzero e uno italiano - e sono costretti
a condividere la camera d'albergo perché in casa mia
non c'è posto per tutti...
Ovviamente ogni incontro con i cinesi è fonte di divertimento,
irritazione, rabbia, incomprensione. Cominciamo dall'albergo
dove il personale dovrebbe parlare inglese, ma ovviamente
l'inglese dei cinesi è poco più di un'opinione.
Mio padre, che l'inglese non lo sa, si fa capire a gesti,
gioisce dei tassisti che appena sentono "Italy"
commentano "Pippo Inzaghi, Milan, Materazzi" e simili.
Mio zio invece, svizzero fino al midollo, si irrita perché
non capiscono, perché non sono precisi, perché...
fondamentalmente perché non sono svizzeri e "sono
addirittura peggio degli italiani". Hehehe!! Aggiungiamo
a ciò l'atteggiamento abbastanza fatalista di mio padre
contro quello assolutamente preciso dello zio, dall'"andiamo
a berci una birra e lasciamo le donne allo shopping che è
meglio" di mio padre al "No, ci dobbiamo muovere
tutti insieme altrimenti ci perdiamo" di mio zio, fonte
più volte di risposte irritate o addirittura stizzose
da parte mia: a me della birra non me ne frega niente, ma
volete mettere lo shopping???
Il
primo grosso shock per i due uomini è la metropolitana,
è stato cattivello da parte mia mandarceli all'ora
di punta, ma è veramente il modo più veloce
di raggiungere la Città Proibita. Commento del papy:
Quando la metropolitana di Milano sarebbe strapiena qui spingono
ancora dentro la gente, sono pazzi! Hihihi
Però
lo shopping - se misurato - piace anche a loro: vestiti su
misura, completi, polo e così via. Una sera andiamo
al Mercato della Seta, veniamo travolti dalla massa di acquirenti,
strattonati dai commercianti che vogliono a tutti i costi
vendere quello che pare a loro e se ne fregano altamente di
quello che può piacere a te, ma i prezzi sono bassi,
si contratta un po' e poi a cena nel locale più kitsch
della città: LAN, arredato dal famoso designer francese
Philippe Starck, l'unico locale in cui si possono bere dei
drink come si deve al modico prezzo di 6 euro, dove si può
cenare spendendo cifre europee (caviale, aragosta ecc.), dove
andare in bagno è un'esperienza, perché i bagni
sono anch'essi di design. Seimila metri quadri di locale,
ristorante, salette private fatte a forma di yurta mongola,
cocktail bar... insomma, un'esperienza da fare, fosse anche
solo per ammirare gli enormi quadri appesi al soffitto invece
che alle pareti.
E
che dire invece del Palazzo d'Estate, affollatissimo di allegre
comitive turistiche che distinguevamo solo grazie ai cappellini
di colore diverso... ma poi la cosa più bella: mentre
i miei si arrampicavano su per le scale di un palazzo e io
mi riposavo all'ombra, incontro Michela, italiana, ci sediamo
a chiacchierare e... scopro che è di Gorizia e che
lavora a Trieste, quanto è piccolo il mondo. Passerà
le prossime due settimane in giro per la Cina e ci mettiamo
d'accordo di vederci prima che torni in Italia, passiamo un
pomeriggio e una serata insieme a spettegolare (come sia possibile
spettegolare con una persona appena conosciuta con cui non
si hanno conoscenze in comune resta un mistero, ma noi ci
siamo riuscite). E in estate ci siamo viste anche a Trieste,
sono belli questi legami che nascono dall'altra parte del
mondo e ti seguono fino a casa.
Ed
ecco che poi comincia il nostro viaggio alla scoperta delle
meraviglie della Cina. Prima tappa Xi'an, affittiamo una macchina
con autista che ci porta a vedere l'Esercito di Terracotta.
La sera ceniamo in un bel ristorante... dove abbiamo fortuna
nella sfortuna: prima la cameriera impedita versa la birra
addosso a mio zio, poi del the (freddo, per fortuna) addosso
a mio padre. Mia madre si scalda, la "caposala"
se ne accorge e viene a scusarsi: ci offrono un piatto di
frutta. Poi torna a scusarsi e io le faccio notare che le
scuse vanno anche bene, ma due incidenti nel giro di un quarto
d'ora sono un po' tanti, al che regala ai due "malcapitati"
un DVD a testa con la presentazione della città e lo
spettacolo di opera che si può osservare nella sala
accanto. Quando chiediamo il conto ci portano delle ricevute
"gratta e vinci" e... vinciamo 50 RMB (5 euro)!
Il giorno successivo visitiamo il Tempio degli Otto Immortali,
un tempio taoista attorno al quale regolarmente si svolge
il mercato, siamo fortunati, è proprio il giorno giusto:
attraversiamo bancarelle cariche di tutto il possibile e l'immaginabile,
una gran folla, incontriamo perfino una signora che vende
pulcini colorati, mi fanno pena, a essere sincera, anche se
sembrano così carini: viola, arancioni, verdi...
Poi andiamo al Gulou (Torre del Tamburo) e al Zhonglou (Torre
della Campana), giriamo l'angolo ed entriamo nel quartiere
musulmano, pieno di bancarelle colorate di cineserie, di cibo,
di tutto di più e a prezzi davvero bassi. Lo attraversiamo
per arrivare alla Moschea: che impressione, un edificio che
dovrebbe essere intriso di cultura araba e che appare invece
come un tipico edificio cinese; vari palazzi, disposti come
nei tradizionali templi cinesi, con scritte arabe e cinesi,
inframmezzati da giardini in fiore ben curati.
Ma non abbiamo molto tempo, spediamo i due uomi a bersi una
birra mentre noi giriamo ancora un po' per bancarelle, poi
dobbiamo affrettarci a raggiungere il nostro autista e ad
andare in aeroporto, destinazione Lijiang, cittadina sulle
montagne dello Yunnan.
Arriviamo
verso sera, fa freschino, siamo a 2300 metri di altitudine,
il taxi non ci può portare fino in albergo perché
il centro è interdetto agli autoveicoli, ci vengono
a prendere con un pulmino dall'albergo, dove poi ci accoglie
Bruce, che ci farà da guida nei due giorni successivi.
L'albergo è proprio carino, camere a piano terra e
al primo piano, strutturato attorno a vari cortili che creano
proprio un'atmosfera cinese. Siamo stanchi, ma aver dato un'occhiata
alle stradine del centro è stato sufficiente a farci
venir voglia di fare un giro: passeggiamo per le viuzze fiancheggiate
da negozietti (dove compro un bel poncho per combattere il
freddo serale) fino a raggiungere la piazza, ai cui lati corrono
dei piccoli "navigli", idilliaco, non fosse per
i troppi turisti cinesi.
La mattina dopo si parte per la gita, andiamo a Baisha, dove
entriamo in contatto con la cultura dongba: qui si parla la
lingua dei Naxi, una minoranza, che tuttora viene scritta
con pittogrammi e che solo una quarantina di persone sanno
ancora leggere; dongba è lo sciamano, colui che ha
accesso ai misteri della lingua e della natura, ma purtroppo,
malgrado gli attuali sforzi per preservare tale cultura, il
numero delle persone che comprende davvero ciò che
è dongba sta diminuendo sempre più. I pittogrammi
ci affascinano, sono talmente evocativi!
Ci rechiamo poi in un altro paesino, dove ha vissuto Joseph
Rock, studioso europeo che ha vissuto qui all'inizio del secolo
scorso. La gente vive come si faceva una volta, una vita contadina,
dura, senza dubbio, ma in mezzo a una natura meravigliosa:
malgrado le nuvole intravediamo le montagne tutto attorno,
passeggiamo accanto ai fiumicelli che costeggiano le strade
e dove le donne del luogo, che indossano i vestiti tradizionali,
fanno il bucato, con i piedi immersi nell'acqua gelida.
La sera è naturalmente dedicata di nuovo allo shopping
e il giorno successivo ci rechiamo a vedere la Gola del Salto
della Tigre, presso la prima curva del Fiume Azzurro, che
i cinesi non chiamano Yangtze Kiang, bensì Chang Jiang
(Fiume Lungo). Yangtze è il nome di solo una parte
del Fiume, mentre la parte che stiamo visitando noi si chiama
Jinsha Jiang (Fiume dalla Sabbia Dorata). Ci aspetta una bella
passeggiata di un'ora fino al punto in cui la leggenda dice
che una tigre, inseguita dai cacciatori, è balzata
su una roccia in mezzo al fiume e poi sulla sponda opposta,
mettendosi in salvo. In autunno qui si vedono anche le scimmie
scendere fin quasi al fiume, purtroppo abbiamo scelto la stagione
sbagliata. Al ritorno ci fermiamo a comprare delle freschissime
fragole da contadine che hanno eretto dei banchetti privati
di vendita sul ciglio della strada, che bontà! E poi
ci fermiamo a fare le ultime foto alla cosiddetta Snow Mountain,
più di 5000 metri d'altezza, su cui saremmo dovuti
salire il giorno prima, ma abbiamo rinunciato alla prospettiva
di fare due ore di coda per la cabinovia dato che con così
tante nuvole comunque non avremmo visto quasi niente.
Dopo gli ultimi acquisti è ora di partire, Lijiang
ci è entrata nel cuore con i suoi paesaggi fiabeschi,
è senza alcun dubbio il posto più carino che
io abbia visitato in Cina.
E
si riparte alla volta di Chongqing, definita Fornace della
Cina, nonché la città più popolosa (33
milioni di abitanti). Arriviamo tardi, siamo alla reception
dell'albergo all'una e mezza di notte, vogliamo solo dormire,
ci vengono consegnate le chiavi: "questa è la
camera a tre letti, questa quella a due". Ovviamente
arriviamo in camera e ci sono solo due letti, riscendo, mi
lamento, torno in camera e dopo altri 5 minuti richiamo la
reception insultando la poveretta. E' inconcepibile arrivare
a un Holiday Inn (e non in una qualunque bettola) nel mezzo
della notte e non trovare nemmeno il letto. Il cameriere arriva
dopo un po' e prepara tutto. Pur trattandosi di un Holiday
Inn... questo non impedisce a un bambinetto, il giorno dopo,
di accovacciarsi per terra nella hall e pisciare proprio davanti
a mio zio, sotto lo sguardo fiero del nonno: un vero peccato
non aver avuto la macchina fotografica pronta!
La mattina proviamo a fare un giro in città, ma fa
troppo caldo e i tassisti sono impazziti, guidano come degli
indemoniati. Tiriamo il pomeriggio, appena arriva l'orario
in cui possiamo imbarcarci sulla nave della crociera che attraverserà
le Tre Gole ci andiamo. Il taxi ci accompagna al porto, veniamo
accolti da una zaffata di puzza, non capiamo da che parte
arrivi. Ci incamminiamo verso l'imbarco con le nostre valigie,
la puzza si attenua, poi veniamo di nuovo avvolti dallo stesso
fetore e capiamo: sono i portatori, che attendono in zona
con lunghe pertiche di legno sulle spalle alle cui estremità
agganciano le valigie. Ne vediamo uno che porta da solo circa
75 chili di roba, puzzerà anche, ma ha tutte le ragioni
di farlo!
E
finalmente siamo a bordo, paghiamo la differenza per un upgrade
della stanza ed esploriamo la nave, non enorme, ma sufficientemente
grande da avere una sala massaggi (che io sfrutto subito con
un bel massaggio ai piedi), un parrucchiere/estetista (di
cui approfitterò il giorno successivo per una meravigliosa
manicure rosa con dei fiorellini bianchi dipinti sopra), una
sala da pranzo e una da ballo, nonché il ponte dove
aspetteremo l'entrata nelle chiuse l'ultima notte. La crociera
è carina ma stressante, troppe levatacce per fare le
gite, troppi gradini per raggiungere le destinazioni, troppe
cose che si susseguono e ben poco tempo per riposarsi, solo
un pomeriggio riusciamo a prendere un po' di sole sul ponte...
La gita più bella è quella che ci porta con
un ferry nelle gole minori e poi, su barche da 17 posti con
quattro rematori ciascuna, in un'insenatura ancora più
piccola. I rematori sono i famosi trackers che un tempo trainavano
le barche nudi, ora lavorano solo per turismo e la decenza
li ha portati a coprirsi: vediamo i loro muscoli tendersi
e guizzare a ogni minimo movimento, alcuni sono ragazzini,
ma hanno una forza incredibile che permette loro di trainare
con delle corde le nostre barche in salita e dove l'acqua
è bassa. Durante il ritorno chiediamo loro una canzone
nella speranza di essere allietati da qualche tipico canto
del luogo, ma ci viene proposta una canzone comunista che
inneggia al Presidente Mao, per fortuna quasi nessuno la capisce.
E infine le chiuse, questa enorme diga che quando sarà
completata sarà il più grande progetto del suo
genere a livello mondiale. L'ultima mattina, prima di tornare
a Pechino, visitiamo la diga, il progetto è molto interessante,
ma la propaganda è decisamente eccessiva: "chi
prima viveva ammassato con la famiglia in una baracca ora
ha ricevuto un bell'appartamento, chi prima era costretto
a condividere la casa con altri ora ha un appartamento tutto
suo, chi prima doveva camminare per due ore per andare a scuola
ora può andare a scuola nel posto in cui vive, e tutti
sono molto felici", ma non vengono nominate le persone
che non volevano abbandonare la loro casa e sono state costrette
perché le case sono state sommerse dal fiume, che entro
il 2009 si sarà innalzato di 175 metri in tutto. Come
sempre il governo mostra solo il lato roseo della medaglia,
senza nominare i bruttissimi palazzoni in cui verranno assiepati
tutti questi sfollati.
Purtroppo durante questa gitarella alla diga comincia anche
la nostra piccola tragedia personale: a cominciare dalla mia
mamma, tutti i miei ospiti si ammalano, a turno, chi più
chi meno gravemente, e tutti e quattro imparano ad apprezzare
la vicinanza del migliore amico dell'uomo: il cesso!
La
famiglia è decimata e tutto quello che verrà
fatto a Pechino verrà fatto a gruppi, qualcuno è
sempre ammalato, per fortuna si ristabiliscono abbastanza
da affrontare il viaggio di ritorno senza troppi traumi, a
parte l'aria condizionata della Austrian Airlines che dà
il colpo di grazia ad alcuni di loro... ma non ce la possiamo
prendere troppo con la compagnia aerea, in fondo ha assegnato
a ciascuno di loro ben 40 kg di bagagli, facendo la felicità
della sottoscritta che è così riuscita a mandare
a casa un paio di valigie!
Ed ecco conclusa la vacanza, tra sofferenze e doloretti diffusi
e la sensazione - almeno credo - che la Cina è bella,
sì, ma a piccole dosi! E poi, come mi è stato
fatto notare più volte in quei 14 giorni, ci sono troppi
cinesi!
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